54. Jahrgang Nr. 3 / März 2024
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La posizione teologica dell'Unione Sacerdotale Trento (nel Messico)


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Jesús, Señor en Tu Nacimiento: Bendita seas entre todas las mujeres (Lucas I, 28 y 42)


Ausgabe Nr. 11 Monat december 2005
HABEMUS PAPAM?


Ausgabe Nr. 11 Monat december 2005
La libertad religiosa, error del Vaticano II


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Autobiografia I


Ausgabe Nr. 4 Monat April 2003
La silla apostólica ocupada


Ausgabe Nr. 2 Monat Mars 2002
Alla ricerca dell’unità perduta


Ausgabe Nr. 2 Monat Mars 2002
In Search of lost unity (engl/spa)


Ausgabe Nr. 8 Monat December 2002
La sede apostolica


Ausgabe Nr. 7 Monat Diciembre 2001
Jesus Lord at thy birth/Nacimiento (Eng/Esp)


Ausgabe Nr. 7 Monat Diciembre 2001
LA IGLESIA CATOLICO-ROMANA EN LA DIASPORA


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¿DONDE ESTAMOS?


Ausgabe Nr. 2 Monat August 1982
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Ausgabe Nr. 13 Monat September 2007
Declaratio


Ausgabe Nr. 13 Monat September 2007
Dichiarazione


Ausgabe Nr. 12 Monat Decembre 1982
ALGUNAS CONSIDERACIONES SOBRE LAS CONSAGRACIONES EPISCOPALES


Ausgabe Nr. 12 Monat März 2008
Apostasía y Confusión


Ausgabe Nr. 13 Monat April 2008
LA VALIDEZ CE LOS RITOS POSTCONCILIARES CUESTIONADA


Ausgabe Nr. 13 Monat April 2008
BIBLIOGRAFIA: VALIDEZ CUESTIONADA DE LOS NUEVOS RITOS POSTCONCILIARES


Ausgabe Nr. 14 Monat Mai 2008
EL PROBLEMA DE LA RESTITUCION DE LA JERARQUIA CATOLICA


Ausgabe Nr. 14 Monat Mai 2008
EL PROBLEMA DE LA RESTITUCION DE LA JERARQUIA CAT. 1.Cont


Ausgabe Nr. 12 Monat März 2008
REPLICA AL ARTICULO 'APOSTASIA Y CONFUSION'


Ausgabe Nr. 15 Monat Juli 2008
DICTAMEN SOBRE UNA ELECION PAPAL EN LAS PRESENTES CIRCUNSTANCIAS


Ausgabe Nr. 13 Monat Diciembre 2009
Estado de emergencia: afianzado en cemento


Ausgabe Nr. 5 Monat Juni 2020
Los errores del Vaticano II y su superación gracias al conocimiento de Cristo como Hijo de Dios


Ausgabe Nr. 5 Monat Oktober 2023
Declaratión del año 2000


Ausgabe Nr. 3 Monat März 2024
Mi encuentro con Su Excelentísimo y Reverendísimo Arzobispo Pierre Martin Ngô-dinh-Thuc


Ausgabe Nr. 3 Monat März 2024
Il mio incontro con S.E. l´Arcivescovo Pierre Martin Ngô-dinh-Thuc


Alla ricerca dell’unità perduta
 
Alla ricerca dell’unità perduta
– sul problema dello scisma interno


di
Eberhard Heller
trad. A. Benedikter

Il titolo del presente articolo, che ricorda il titolo del libro di Marcel Proust ("Alla ricerca del tempo perduto") dovrebbe sottolineare il tema che ci proponiamo: una riflessione retrospettiva. Essa può aiutare, nella situazione attuale, a riconquistare terreno perduto, qualora al di là dei problemi religioso-ecclesiastici giornalieri ci si renda ancora conto in quale difficile condizione ci troviamo tutti quanti. Ciò ha condotto ad un fatalismo ecclesiale che di giorno in giorno si fa sentire di più: ci si trova letteralmente pigiati nel proprio centro di messa, senza contatti e prospettive per quanto concerne la ricostruzione della Chiesa e persino la costruzione di strutture comunitarie. Dove abbiamo sbagliato? Possono essere riparati gli errori commessi? Siamo noi pronti a rivedere le nostre proprie impostazioni? Ma non soltanto noi cristiani cattolici che affermiamo, in parte a bocca piena, di essere i veri cristiani, no, tutta la società occidentale si trova in una profonda crisi spirituale, la quale si ripercuote anche sulla nostra crisi ecclesiale.

Si può criticare come paralizzante la mancanza di autorià e di guida tra i cristiani cattolici che asseriscono di voler rimanere fedeli alla Chiesa di Gesù Cristo – spesso il dissenso viene deplorato a più alta voce da coloro che lo hanno addirittura determinato con la loro brama di ottenere autorità e con la loro mancanza di disciplina –, ma allora ci si dovrebbe redere conto che la mancanza di cooperazione e guida pastoral-ecclesiastica si ritrova principalmente presso coloro il cui compito, in quanto curatori d’anime, sarebbe in verità quello di dirigere il gregge come pastori e di esercitare l’autorità spirituale ad essi conferita con l’assunzione dell’ufficio sacerdotale/vescovile... per il bene della Chiesa intera e non solo per la somministrazione dei scaramenti in una comunità-nicchia settaria.

Presso una fila di vescovi (senza le virgolette) un atteggiamento sbagliato particolarmente grave, relativo all’ufficio assunto, ha avuto effetti disastrosi sui nostri sforzi per la ricostruzione della Chiesa come istituzione di salvezza: cioè la concezione secondo la quale i poteri ottenuti con la consecrazione sarebbero soltanto a disposizione personale autorizzando a consecrare a vescovo a propria discrezione. Da questa concezione errata tra le nostre file sono scaturiti gravi risvolti sbagliati.

Non per nulla la consecrazione (e la nomina – cfr. CIC, canone 329 § 2) di nuovi vescovi è riservata al papa perché ne dipende l’esistenza e la struttura gerarchica della Chiesa nel suo complesso, per cui devono essere guidate dal centro. Il CIC del 1917 nel canone 953 prescrive obbligatoriamente: "La consecrazione episcopale è riservata al papa. Senza incarico speciale del papa nessuno può consecrare a vescovo." 1) Le contravvenzioni vengono considerate normalmente e giustamente come ribellione contro l’autorità suprema e contro l’unità della Chiesa e come atti scismatici, venendo quindi colpite da sanzioni. 2) 

Allorché Mgr. Ngô-dinh-Thuc consecrava, senza formale mandato pontificio – a causa della vacanza della sede apostolica – i primi vescovi (padre Guérard des Lauriers il 7.5.1981, i padri Carmona e Zamora il 18.11.1981 – cioè 20 anni fa), ciò avvenne esclusivamente per salvare la successione apostolica minacciata. I problemi connessi con la sedisvacanza e la necessità, condizionata da essa, di consecrare senza mandata pontificio, vennero successivamente discussi ampiamente anche in vista della situazione ecclesiale generale di allora. 3) Ciò nonostante da diverse parti (da semplici tradi-zionalisti, ma anche, il che era più pericoloso, da certi legalisti) si levò il rimprovero che Mgr. Ngô-dinh-Thuc ed altresì i padri consecrati a vescovi agissero in maniera scimatica. La motivazione vera e propria della mancanza del mandato pontificio venne infine fornita nella DECLARATIO sulla sedisvacanza rilasciata ufficialmente dallo stesso Mgr. Ngô-dinh-Thuc il 28.2.1982.

Da diverse parti venne (e viene fino ad oggi) affermato che la DECLARATIO avrebbe dovuto essere pubblicata prima delle consecrazioni perché soltanto in base all’assunzione di questo atteggiamento esse potevano essere considerate giustificate. Le persone che ragionano così suppongono che la posizione assunta dall’arcivescovo al tempo della prima consecrazione sia stata diversa da quella assunta all’epoca della redazione della DECLARATIO. Questa concezione non può essere accettata: giá in occasione della nostra prima visita presso il Mgr. Thuc, effettuata in compagnia con il rev. dott. Katzer (nel frattempo defunto), il quale si era messo a disposizione quale primo candidato per la consecrazione, si discusse ampiamente sulla sedisvacanza, sulla minacciata successione apostolica e sulla falsificazione della santa messa e vennero concordate le posizioni, e soltanto su questa base vennero eseguite le successive consecrazioni.

D’altra parte le circostanze concrete non permettevano altra soluzione che quella di eseguirle segretamente (basta pensare in questo contesto alla fuga precipitosa dell’arcivescovo in Germania, perché giustamente temeva persecuzioni, dopo che le consecrazioni erano state rilevate per tradimento alla stampa da parte del p. Barbara, ma anche al suo successivo rapimento dal seminario di Rochester/USA).

Ma per esprimere che si condivideva la motivazione teologica e giuridica della competenza del papa per le consecrazioni episcopali, visto che l’occupazione delle sedi vescovili è un interesse  della Chiesa universale, venne concordato tra i vescovi, quale equivalente per il mancante mandato papale, che le successive consecrazioni episcopali sarebbero state eseguite soltanto previo assenso di tutti i vescovi. Durante la vacanza della sede romana il collegio dei vescovi doveva rappresentare la Chiesa universale. Le ordinazioni sacerdotali invece rimasero nell’ambito di responsabilità dei singoli vescovi, anche perché i relativi sacerdoti rimanevano sottoposti direttamente alla loro autorità.

Così le consecrazioni successive di fr. Musey, p. Vezelis, p. Martinez e p. Bravo vennero eseguite dal Mgr. Carmona e rispettivamente dal vescovo Musey (assistito dal Mgr. Carmona) soltanto previa interpellazione di S.E. il Mgr. Ngô-dinh-Thuc e con il suo esplicito assenso. Il movente decisivo per queste consecrazioni era l’obiettivo della ricostruzione delle strutture ecclesiastiche ma anche la volontà di conservare l’unità della Chiesa. Lo documentano i tentativi dei vescovi Vezelis e Musey di delimitare le reciproche sfere di influenza, anche se così facendo veniva strapazzato il concetto della "giurisdizione" ordinaria.

Questo modo di procedere, cioè di procedere a consecrazioni episcopali soltanto previo l’assenso di tutti gli altri vescovi quale equivalente del mandato pontificio mancante, venne disatteso per la prima volta dal Mgr. Guérard des Lauriers allorché procedette alla consecrazione del rev. dott. Storck persino contro le espresse riserve sollevate dal Mgr. Vezelis. Questi si era appositamente recato ad Etiolles presso Parigi per comunicare le sue perplessità al Mgr. Guérard des Lauriers.

Dopo la consecrazione del rev. Storck il Mgr. Lauriers si lasciò indurre, su indicazione di una signora anziana, a consecrare il p. McKenna, più tardi l’ex éconeista Munari, il quale nel frattempo ha completamente abbandonato l’ufficio episcopale e quello sacerdotale. Anche dalla consecrazione del p. McKenna era stato messo in guardia.

Con questo modo di procedere il Mgr. Guérard des Lauriers aveva smesso di considerare la consecrazione di un vescovo quale decisione della Chiesa universale rappresentata dal collegio dei vescovi., facendone un affare personale, cioè rimettendola alla decisione di un singolo vescovo. Naturalmente non si può attribuire dignità giuridicamente vincolante a quell’organo rappresentativo provvisorio che è il collegio dei vescovi, tuttavia non esito neanche un attimo a qualificare scismatico, almeno in maniera latente, un tale comportamento, in analogia alla concezione del CIC secondo la quale le consecrazioni episcopali sono riservate al papa (e nel caso in cui sussistevano da parte del Mgr. Guérard des Lauriers soltanto interessi personali – sul che esistono ipotesi legittime – il suo comportamento sarebbe da qualificare addirittura quale settario); perché qui si è coscientemente violato il principio dell’unità.

Passando una volta tanto in rassegna le azioni di quel periodo, per es. le consecrazioni episcopali con le quali doveva essere assicurata la successione apostolica e la Declaratio di S.E. Mgr. Ngô-dinh-Thuc, con la quale venne tracciata una chiara linea di separazione rispetto alla cosiddetta ‚chiesa conciliare‘, azioni che avrebbero dovuto condurre ad una chiara svolta nella nostra lotta ecclesiale, non si può non constatare che a causa delle vie stravaganti imboccate dal Mgr. Guérard des Lauriers l’unità tra i vescovi è andata perduta e quindi la forza di percussione della nostra lotta ha subito un danno notevole. Con la sua teoria del papa materialiter, non formaliter, G. des Lauriers aveva artificialmente scatenato un’ulteriore disputa 4). E senza la coesione è andata perduta anche l’autorità, che veniva cioè parcellata. Ed è da questo punto che si dovrebbe partire per ricomporre l’unità.

Era alquanto vergognoso per la resistenza il fatto che successivamente i vescovi sulla cui consecra-zione non vi erano dubbi, a loro volta consecravano, senza accordo con gli altri vescovi, candidati che si distinguevano per ignoranza teologica e deficienza morale – ad alcuni si consigliava di ritirarsi dietro le "cortine svedesi". Questi vennero poi presentati al popolo meravigliato dei fedeli come cosiddetti vescovi della linea Thuc appartenenti alla resistenza. In realtà non sono altro che settari cattolicizzanti. Con questo modo di successione, col quale ciascun vescovo consecra un candicato di sua scelta senza tener conto dell‘esigenza della ricostruzione della Chiesa, si è sviluppato un penetrante scisma interno che ha quasi fermato la ricostruzione. 5) Assumendo questo punto di vista critico ed esaminando l’elenco dei vescovi consecrati, si deve constatre che soltanto pochi possono essere considerati vescovi della Chiesa cattolica.

Un esempio particolarmente grave di un tale comportamento scismatico ma anche settario lo ha dato il vescovo dott. López-Gastón con le consecrazioni da lui ricevute e rispettivamente impartite. 6) Accanto al semplice problema della validità sacramentale che si può concedere senz’altro anche a chi è effettivamente scismatico, ma anche a molti, ma non a tutti i settari, egli ha completamente trascurato il fatto che non tenendo conto della liceità od illiceità degli atti di consecrazione se ne nega la rilevanza ecclesiastica.

Ancora peggio di questo esplosivo ‚scismatico‘ è il settarismo introdotto nella resistenza dall’ambizione e dalla vanità di diversi chierici i quali, trascinati dalla loro brama di ottenere autorità, si sono lasciati consecrare da un cosiddetto vescovo della linea Thuc,. A questi signori non importava se i loro consecratori erano vescovi effettivi o soltanto vescovi con le virgolette o pretesi vescovi prove-nienti dagli ambienti dei chierici vaganti. Alcuni ottennero anche l’appoggio dei sostenitori della teoria della cosiddetta "intenzione esterna". A questi vescovi (o ‚vescovi‘) importa soprattutto portare una mitra che li autorizzi a raccogliere soldi presso i fedeli. Un caso particolarmente grave è rappresentato dal cosiddetto vescovo Roux che ha falsificato il suo documento consecratorio attestando di essere stato consecrato dal Mgr. Ngô-dinh-Thuc, mentre questi in quel periodo si trovava presso di noi a Monaco. (Dopo una consecrazione "sub conditionale" [sic!], da allora agisce in Francia dove si è reso noto come "Mgr. Tartuffe"). 7) È diventato un caso criminale il cosiddetto vescovo Franck che doveva essere presentato ai fedeli tedeschi come il vescovo della resistenza per antonomasia, mentre si palesava che non poteva essere parola della validità della sua consecrazione (nel frattempo è finito in carcere nel Belgio, condannato per stupro di bambini). Questo settarismo e rispettivamente questo problema dei chierici vaganti è penetrato come un carcinoma nella resistenza vera. Mi meraviglio sempre di più come questi settari vengano addirittura venerati quali custodi del Gral.

Le turbolenze che si registrano nel campo dei sedevacantisti vengono ulteriormente fomentate da un gruppo di chierici che per es. hanno abbandonato Écone rendendosi conto del fatto che un eretico non può essere riconosciuto come autorità. Ma a questo passo coerente il più delle volte fa seguito un secondo passo meno coerente. Invece di sforzarsi per essere accolti nella cerchia dei loro confratelli sedevacantisti (accantonando per intanto il problema della validità delle loro ordinazioni), essi cominciano a raccogliere, come singoli, una schiera di pecorelle di solito poco informate. Si preoccupano poco delle strutture ecclesiali già esistenti. Solo raramente sono disposti ad una cooperazoine. Questo comportamento dà la prova del fatto che anche questo gruppo è costituito da settari cattolicizzanti.

Accetto volontieri il rimprovero di giudicare in maniera troppo radicale. Prego soltanto tutti i critici a svolgere fino in fondo il seguente esperimento concettuale: supponiamo che si fosse davvero riusciti ad installare di nuovo un’autorità legittima, cioè un papa validamente eletto. Quale di tutti questi chierici ‚autonomi‘, ‚indipendenti‘, che proclamano così a bocca piena la loro mentalità ecclesiale, che affermano di predicare solo la dottrina della Chiesa, sarebbe disposto a sottomettersi a questo papa? Non si verificherebbe piuttosto una situazione in cui tutti questi signori cercherebbero dei pretesti per conservare la loro indipendenza, cioè per continuare indisturbati il loro settarismo?

Questi atteggiamenti sbagliati (‚scisma‘ interno, settarismo, chierici vaganti, la cosiddetta ‚indipen-denza‘) ed i comportamenti che ne derivano hanno fatto sì che esiste ormai una fila di vescovi, ma non esiste alcuna autorità, e che si sono formati numerosi gruppi, ma non si è formata alcun genere di comunità e neanche di unità ecclesiale. Le attività di cui sopra per forza di cose sono rimaste e rimarranno senza successo, perché su imprese del genere non ci può essere alcuna benedizione divina. L’idea secondo la quale la Chiesa è un unico organismo spirituale complessivo, un "corpo mistico" per dirla con Pio XII, le cui membra sono collegate tra di loro, è andata perduta. E mi permetto di far criticamente notare che per ora non vedo dove uno dei vescovi agisca in base alla preoccupazione per il bene universale della Chiesa.

Sia chiaro che a me importa soltanto far vedere cosa occorra fare, dal punto di vista di sedevacantisti coerenti, per ricostruire le strutture ecclesiali, compresa la formazione di comunità e di grandi federazioni ecclesiali nonché la elezione di un papa anche se non si sapesse ancora come eseguire una tale elezione. 8)

Un miglioramento di questa situazione ecclesiale, lacerata sotto più aspetti, è raggiungibile soltanto se si inizia un ripensamento. Sarebbe già molto se ogni chierico iniziasse a porsi seriamente la questione di come possa motivare e giustificare il suo agire pastorale concreto in vista della problematica ecclesiale universale (peraltro rinunciando ad argomentare che "i fedeli hanno bisogno dei sacramenti", perché la questione relativa a ciò di cui hanno bisogno i fedeli non può essere risolta se non in connessione con il chiarimento della problematica ecclesiale), per creare così almeno il presupposto teologico e mentale per un agire responsabile, il quale deve comprendere una cooperazione fruttifera con gli altri sacerdoti e vescovi. Abbiamo cercato di dimostrare come si potrebbe presentare il risultato di una tale riflessione. Per l’inizio si sarebbe già guadagnato molto se i chierici interessati si rendessero conto del fatto che non possono lecitamente fare tutto quello che sono in grado di fare, cioè se comprendessero che possono esercitare i loro poteri spirituali non ex proprio ma soltanto per incarico della Chiesa, quali suoi incaricati, se si considerassero portatori di un ufficio a loro conferito per mandato. Un’essenziale meta interlocutoria sarebbe il riconoscimento del fatto che essi si trovano in un certo qual dilemma costituito dal fatto che potrebbero lecitamente agire solo per incarico della Chiesa, per mandato dell’autorità 9), ma che a questa chiesa manca oggi l’autorità incaricatrice.

Senza questo ricollegarsi alla Chiesa qualsiasi atto d’ufficio diventa un atto recante il timbro dello scisma (o del settarismo). Con ciò si ripropone la questione dell’autorità e dell’unità perdute. Nella nuova "Dichiarazione" abbiamo cercato di dimostrare quale sia la via d’uscita dal dilemma tra incarico sacerdotale da una parte e mancante autorità dall’altra. In ordine all’incarico sacerdotale occorre precisare: "Da un lato manca al momento la giurisdizione ecclesiastica, necessaria per l’assolvimento di questo compito, essendo la gerarchia caduta in apostasia, dall’altro lato l’assolvimento di tale compito costituisce il presupposto indispensabile per la restituzione dell’autorità della Chiesa. Questa restituzione dell’autorità ecclesiastica è però richiesta dalla volontà salvifica di Cristo. A mio avviso il dilemma può essere risolto solo se tutte le attività finora svolte vengono fatte rientrare nella riserva di una successiva, definitiva legittimazione da parte della gerarchia restituita. Così, per esempio, la celebrazione della messa e la somministrazione dei sacramenti possono venire provvisoriamente giustificate in quanto fanno parte del progetto della restituzione globale della Chiesa come istituzione salvifica e saranno sottoposte ad un successivo giudizio da parte della legittima autorità restituita. La somministrazione ed il ricevimento dei sacramenti (inclusa la celebrazione e la partecipazione alla santa messa) sarebbero perciò illeciti se fossero compiuti senza riferimento a questa unica giustificazione possibile, malgrado la loro validità sacramentale."

Notas:
1) Ai sensi del canone 954 il consecratore all’atto della consecrazione deve servirsi dell’assistenza di due altri vescovi, i quali agiscono da co-consecratori (e non solamente da testimoni), cioè devono eseguire sostanzialmente tutti quegli atti consecratori eseguiti anche dal consecratore principale (cfr. in merito la costituzione "Episcopalis consecrationis" di Pio XII del 30.11.1944 – AAS, XXXVII, p. 131-132).
2) Cfr. CIC, canone 2370 a): "Se un vescovo impartisce ad un altro la consecrazione episcopale senza aver ricevuto il mandato pontificio all’uopo previsto dal canone 953, egli è senz’altro sospeso fino a quando la Sede Apostolica non lo dispensa da questa sanzione."
3) Cfr., tra l’altro: "Offener Brief von Mgr. Carmona an Bischof Cortés" ("Lettera aperta del Mgr. Carmona al vescovo Cortés"), EINSICHT XII/3 dell’ott. 1982; "Ein Brief von Bischof Carmona" ("Una lettera del vescovo Carmona") XII/4 del dic. 1982; Heller, Eberhard: "Einige Anmerkungen zu den von Mgr. Ngô-dinh-Thuc und Mgr. Carmona gespendeten Bischofsweihen" ("Alcune note relative alle consecrazioni episcopali impartite dal Mgr. Ngô-dinh-Thuc e dal Mgr. Carmona") XII/3 dell’ott. 1982, pagg. 101 ss.; "Wo stehen wir?" ("A che punto ci troviamo?") XII/6 del marzo 1983.
4) Questa tesi, fortemente relativizzata se non addirittura revisionata dal suo autore prima della sua morte, si aggira tuttora nelle menti dei padri di Verrua Savoia (Italia), in particolare del rev. Ricossa.
5) Costituisce in certo qual modo un’eccezione il Mgr. Pivarunas che ha almeno presentato pubblicamente l’intenzione di consecrare a vescovi l’abbé Dolan e, successivamente, il p. Dávila, consentendo di dis-cutere sui candidati.
6) Solo le ricerche particolareggiate del signor Jerrentrup hanno portato alla luce che non ci sono dubbi relativamente alla validità delle consecrazioni, sebbene López-Gastón costruisca la sua successione episcopale con persone chiaramente settarie.
7) Le sue azioni clamorose si possono seguire su Internet, dove vengono registrate accuratamente.
8) Contrariamente ai sedevacantisti (coerenti), gli éconisti si muovono all’interno di una contraddizione insanabile. Prescindendo per una volta da certe posizioni errate o dalle analisi mancanti nel campo della teologia sacramentale, essi da una parte ammettono la necessità della presenza di un’autorità mandante. Per tale motivo essi riconoscono per es. Giovanni Paolo II quale papa, ma poi gli negano l’obbedienza concreta affermando di non poter obbedire le sue disposizioni. Il concetto di un papa (cioè di una suprema autorità) alla quale non occorrerebbe obbedire, integra la fattispecie dell’eresia.  E per superare tale eresia, i signori Schmidberger e Aulagnier fra poco vorranno dire al loro papa ciò che egli può/deve a loro comandare, affinché essi possano obbedire a lui... di gran lunga la soluzione più elegante!
9) Il dibattito relativo all‘"una cum" nel "Te igitur" del Canon Missae, nel corso del quale si è chiarito che la messa può essere lecitamente detta solo per mandato ed in unione con l’autorità – cfr. il contributo di p. Guérard des Lauriers, "Christus novum instituit Pascha...", su EINSICHT X/3 del sett. 1980 -, dovrebbe ormai aver affinato, e da tempo, la consapevolezza di questa problematica.


 
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